Aumento pensioni d’invalidità: facciamo il punto


Aumento pensioni d'invalidità: facciamo il punto

Aumento pensioni d’invalidità: facciamo il punto.

La pronuncia della Corte Costituzionale, che ha dichiarato le pensioni erogate agli invalidi civili totali illegittime nel quantum per violazione dell’art. 38 della Costituzione, in quanto “insufficienti a garantire il soddisfacimento delle elementari esigenze di vita“, ha sollevato l’immediata reazione della politica e del governo.

Pochi giorni dopo il 24.06.2020 è stato infatti approvato un emendamento al Decreto Rilancio che prevede la costituzione di un Fondo di 46 milioni di euro.

Un giubilo incontenibile (n.d.r. come potete vedere dalle immagini) si è levato all’unisono dai partiti politici di maggioranza ed opposizione, che hanno cantato Vittoria, ce l’abbiamo fatta!

Felice di essere smentito, ma a me, sia dal punto di vista giuridico che politico, ricorda tanto una Vittoria di Pirro!

Stando alle ultime notizie infatti, gli aumenti scatterebbero dal 1° agosto 2020 e sulla base dell’emendamento approvato si dovrebbe arrivare a 514 euro.

Diciamo però che 46 milioni di euro per il 2020 sono una somma del tutto insufficiente.

Secondo l’Istat infatti le persone con limitazioni funzionali gravi sarebbero 3.086.000, di cui: 1.933.000 titolari di indennità di accompagnamento e 1.153.000 senza accompagno.

Anche qualora si volesse ipotizzare un aumento per le sole persone con disabilità gravi senza accompagnamento sarebbe necessario un impegno di spesa annuo di 3.193 milioni di euro (per fare un esempio, il solo Decreto Rilancio prevede uno stanziamento di 55 miliardi di euro).

Lo stesso Conte rispondendo ad un Question Time alla Camera, prima dell’approvazione dell’emendamento, ha ribadito, che “Il governo sarà pronto a intervenire per adeguare le pensioni di invalidità, oggi ferme a una soglia inaccettabile, a seguito della pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza

Aumento pensioni d'invalidità: facciamo il punto
Aumento pensioni d'invalidità: facciamo il punto

Analizziamo il testo integrale del Comunicato stampa rilasciato dalla Corte Costituzionale il 24 giugno 2020 per comprendere meglio perché non c’è da festeggiare.

Comunicato-Stampa-Corte-Costituzionale

  1. come potete vedere, la Corte costituzionale ha ritenuto che agli invalidi civili totali ai sensi dell’art. 12, primo comma, della legge 118 del 1971 debba essere riconosciuto un trattamento pensionistico pari a 516,46 euro.
  2. Successivamente, distaccandosi dal caso di specie, precisa che d’ora in avanti, l’incremento dovrà essere assicurato a tutti gli invalidi civili totali maggiorenni che non abbiano redditi su base annua pari o superiori a 6.713,98 euro.
  3. In ultimo, la Consulta ha precisato che il legislatore pur avendo facoltà di rimodulare la disciplina, non potrà assicurare un trattamento inferiore inidoneo rispetto a quello previsto necessario a garantire l’effettività dei diritti riconosciuti agli invalidi civili totali.

Quali sono le disabilità che rientrano nel novero della sentenza?

Chi vuole sapere ai sensi di quale articolo viene riconosciuta la propria invalidità deve andare a vedere il verbale dove sono indicati i riferimenti di legge.

La Corte Costituzionale parla di persone totalmente inabili al lavoro, invalidi civili totali, ai sensi dell’art. 12, primo comma, della legge 118 del 1971.

Ma se guardiamo si può essere, totalmente invalidi, con permanente inabilità lavorativa al 100% e rientrare nell’ambito della legge 18/1980 o della legge 508/1988.

Questi ultimi sono i casi delle persone:

  • totalmente invalidi, con permanente inabilità lavorativa al 100% e l’impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
  • totalmente invalidi, con permanente inabilità lavorativa al 100% e necessità di assistenza continua non essendo in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita.

che non rientrano nel novero della sentenza.

Vero è che la Consulta, nel comunicato, sembra distaccarsi dal caso di specie, rimarcando che per l’avvenire, l’incremento dovrà essere erogato a tutti gli invalidi civili totali maggiorenni, indistintamente, purché non superino il limite massimo reddituale di 6.713,98 euro.

Il requisito reddituale previsto ex-novo, abbassa dunque ulteriormente la soglia per l’accesso al beneficio, rispetto a quello previsto per il mantenimento della pensione che è di 16.982 euro.

Ricordiamo che le persone con disabilità, molto spesso usano i guadagni percepiti con l’attività lavorativa per assicurarsi l’assistenza personale al fine di garantirsi il diritto all’autonomia e alla vita indipendente (diritti che rappresentano una chimera nel nostro ordinamento).

Direte voi, che la sentenza si riferisce unicamente alle persone con totale e permanente inabilità lavorativa, dunque non a coloro che lavorano!

In realtà, l’attribuzione di una percentuale pari al 100% data sul verbale di invalidità, accompagnata dalla dicitura ” totale e permanente inabilità lavorativa” non preclude la possibilità che in capo all’individuo disabile possano sussistere residue capacità lavorative, il cui accertamento viene disposto nel momento in cui si richiede l’iscrizione al collocamento obbligatorio.

Di conseguenza, la Corte Costituzionale, avrà il non facile compito di chiarire i limiti della pronuncia.

Chi ha una grave forma di disabilità, e non lavora, per difficoltà insormontabili, troverà nella sentenza una boccata d’ossigeno irrinunciabile.

Una vasta platea invece rischia di venire esclusa dall’aumento in quanto non rientrante nell’art. 12 primo comma della legge n. 118/1971.  

Si viene così a creare una discriminazione di persone in situazioni di fragilità, con il rischio di avvalorare un sistema che mortifica la dignità della persona, costringendo le persone con gravi disabilità a compiere una scelta indecorosa tra l’opzione di mantenere un impiego che comporta comunque attività di socializzazione (e perché no, un reddito), con pensione decurtata o addirittura senza;

oppure rassegnarsi all’assistenzialismo, facendo attenzione a non eccedere ai limiti reddituali stringenti se si vuole avere diritto all’aumento.

Un ulteriore limitazione che ha fatto infuriare le associazioni di categoria riguarda quei soggetti che abbiano una percentuale d’invalidità compresa tra il 75% e 99% i quali pur rientrando nei limiti reddituali si ritroveranno esclusi dalla pronuncia.

Per concludere!

Dalla corte costituzionale mi sarei aspettato una pronuncia più coraggiosa. Individuata l’illegittimità della misura, per palese violazione dell’art. 38, si è voluto inserire un limite reddituale per salvaguardare la finanza pubblica.

La storica pronuncia n. 275 del 2016, con la quale la Corte Costituzionale aveva statuito la preminenza dei diritti delle persone con disabilità sul Fiscal Compat, appare un lontano ricordo.

In questo caso, più che intervenire sulla lesione di diritti costituzionalmente garanti, la Corte sembra aver esercitato le funzioni proprie della magistratura contabile vigilando sulla tenuta degli equilibri del bilancio dello Stato e la finanza pubblica in generale.

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