Decreto Rilancio e persone con disabilità


Decreto Rilancio e persone con disabilità

Decreto Rilancio e persone con disabilità

[AGGIORNAMENTO AL 20 MAGGIO] Nella versione Bollinata, e quindi ufficiale e definitiva del Decreto, è sparito il termine gravissima. Tale distinzione non prevista da alcuna legge nazionale, ma avvallata da alcune regioni, di fatto crea una discriminazione tra i disabili, con effetti nefasti per l’accesso all’assistenza. È un bene dunque che sia sparita dal decreto.

La versione finale del documento, inoltre era stata inizialmente pubblicata, in versione grafica come semplice scansione, senza possibilità di riconoscimento del testo, comportando una discriminazione per le persone con disabilità visive, non risultando il documento accessibile per le stesse. Attualmente è tornato disponibile e potete consultare il testo completo al seguente indirizzo.

La versione non accessibile, ritirata.
Immagine e segnalazione di Roberto Scano

[ARTICOLO ORIGINALE]

Il Decreto cosiddetto Rilancio è un provvedimento introdotto per fare fronte alla crisi economica dettata dal periodo di quarantena resosi necessario per arginare l’epidemia di contagi causata dal Coronavirus.

Il decreto introduce sgravi fiscali, e misure economiche a sostegno delle famiglie e delle imprese.

Una particolare sezione del decreto, com’era avvenuto per il precedente decreto Cura Italia (Cura Italia: smart working per i lavoratori disabili) contiene misure a sostegno delle persone con disabilità e dei famigliari.

Diverse sono le disposizioni che interessano le persone con disabilità e differenti gli ambiti d’intervento, di conseguenza non farò una cernita delle singole misure previste, per maggiori approfondimenti vi invito a leggere il testo del decreto che in queste ore (18 Maggio 2020 14:00), non è ancora approdato in Gazzetta Ufficiale, ma di cui è possibile leggere l’ultima bozza approdata in Consiglio dei Ministri per le limature finali.

Arriviamo dunque alle misure principali previste dall’art. 111

Il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza è stato incrementato di ulteriori 90 milioni di euro per l’anno 2020.

Di questi 20 milioni sono accantonati per la realizzazione dei progetti di vita indipendente per agevolare l’autonomia e l’autodeterminazione delle persone con disabilità.

Una stortura che emerge con evidenza, come fatto rilevare dalle associazioni è l’introduzione, si legge al comma 1, art. 111, che l’aumento di 90 milioni di euro è finalizzato al sostegno delle persone con gravissima disabilità e per coloro che se ne prendono cura.

Di fatto, con la locuzione gravissima disabilità, si introduce una categoria non prevista dalla legge che ha comportato uno squilibrio nell’ambito della disabilità, agevolando per lo più chi necessita di assistenza sanitaria.

Una discriminazione nell’ambito delle disabilità, che di fatto pregiudica coloro che sono persone con disabilità pur sempre gravi.

Il concetto di gravissima disabilità è legato ad un modello di concezione medica della disabilità ormai arcaico.

La valutazione della disabilità deve avvenire sulla base del modello biopsicosociale, che valuta la disabilità nel complesso tenendo conto di ulteriori dimensioni, come quella biologica e sociale dell’individuo.

Continuando il legislatore ha previsto ai sensi del II comma, art. 111 l’aumento del Fondo per il Dopo di Noi di ulteriori 20 milioni euro.

Anche in questo caso il loro utilizzo deve essere finalizzato (sempre nell’ottica di agevolare l’autodeterminazione e la vita indipendente) a potenziare i percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo famigliare o per la deistituzionalizzazione, o per interventi a supporto della domiciliarità.

Vedremo se le direttive per l’utilizzo di tali fondi saranno rispettate dalle regioni, o se, tali fondi andranno al sostegno di progetti residenziali.

Infine al III comma, è prevista l’istituzione del Fondo denominato “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità” il quale verrà finanziato per il 2020 con 40 milioni di euro.

LA finalità del fondo è quella di garantire alle strutture semiresidenziali, comunque siano denominate dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità, un’indennità agli enti gestori, per l’adozione dei sistemi di protezione del personale e degli utenti.

In attesa dei decreti del Presidente del Consiglio che definiscano i criteri e le modalità di attribuzione dell’indennità lasciatemi dire che su questa norma, ci sarebbe parecchio da ridire.

Nessuno mette indubbio che le strutture semiresidenziali come i centri diurni siano stato danneggiati, c’è solo da sperare che tali indennità non vengano riconosciute anche a quelle in cui è avvenuta la diffusione dei contagi con gli eventi nefasti che tutti conosciamo.

Come avevo mostrato in precedenti articoli (Case di riposo: il business di De Benedetti), la commistione tra strutture di gestione della disabilità e politica è particolarmente evidente, prevedere lo stanziamento di ulteriori fondi in strutture che durante il periodo di emergenza hanno continuato a ricevere i finanziamenti pubblici è inopportuno.

In definitiva, nonostante il decreto riconosca una pioggia di miliardi per quasi tutti i comparti, ancora una volta gli esclusi, sono proprio le persone con disabilità e i loro nuclei famigliari.

Non solo non vi è traccia del sostegno ai caregivers, ma addirittura, vi sono settori in cui la disabilità non viene nemmeno menzionata.

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