Bibbiano e sostegno alla disabilità. Esiste una correlazione tra i finanziamenti agli affidi in comunità dei minori e quelli a sostegno della disabilità?
Nel mio percorso di studi e ricerche sulla disabilità mi sono imbattuto nei numeri riguardanti il sostegno dei minori da parte dei Comuni, e alla luce dei recenti fatti emersi in questi giorni sul caso di Bibbiano, questi numeri sono destinati ad assumere tutt’un altro significato che all’epoca ignoravo completamente.
Il miglior indicatore per questo tipo di valutazioni è il Rapporto dell’Istat sulla Spesa dei Comuni per i servizi sociali, l’ultimo del 3 Gennaio 2019, che si riferisce ai dati provvisori del 2016.
Chiaramente per avere i dati più aggiornati bisogna andare a verificare i dati presenti a livello comunale, in ogni caso il rapporto dai quali ho preso le tabelle è disponibile al seguente indirizzo: https://www.istat.it/it/files/2019/01/Report-spesa-sociale-2016.pdf
Come viene evidenziato, dal 2003 al 2016 è quasi raddoppiata la spesa pro capite per i disabili, e quella per i minori e le famiglie con figli. Queste ultime voci di spesa rappresentano il 38,8% della spesa sociale complessiva, che cannibalizza all’incirca 2,7 miliardi di euro.
Solo il 40% della quota di spesa riservata alle Famiglie e Minori comprendono le spese per agli asili nido e i servizi educativi e di cura per la prima infanzia, il restante 60% è rappresentato dalla presa in carico degli assistenti sociali: “i servizi di mediazione familiare e i centri per le famiglie, i servizi per l’adozione e l’affidamento familiare, le strutture per bambini e ragazzi privi di tutela, vari tipi di contributi economici a supporto del reddito o per altri bisogni specifici delle famiglie“.
Se guardiamo alle due tabelle che seguono, possiamo notare che a fronte di un aumento complessivo anche cospicuo della spesa per interventi dei servizi sociali nell’area Famiglia e Minori in ogni parte d’Italia, non corrisponde un aumento in egual misura della spesa sociale nell’area Disabili.
La spesa pro capite sulla disabilità rimane infatti pressoché invariata in quasi tutta Italia: le uniche eccezioni, sono le regioni del nord-ovest, dove si assiste ad un incremento dei fondi, e in quelle del nord-est, dove in controtendenza si assiste ad un decremento della spesa.
In queste ultime, dove vi è ricompresa l’Emilia Romagna, il numero di minori ospiti dei presidi residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitari si attesta tra i più elevati.
Se guardiamo infatti i dati dell’istat, del 2015, vediamo che dopo la Sicilia che è davanti con 4.285 minori ospiti, seguono la Lombardia con 2.771, il Lazio con 2.715 e l’Emilia Romagna con 2.066.
Ma l’esistenza di una tale correlazione appare ancora più evidente se si prendono in considerazione i dati, in valori percentuali, suddivisi per regione, delle tre grandi macro aree in cui viene ripartita la spesa sociale dei Comuni (Famiglie e minori – Disabili – Anziani).
Come potete vedere l’Emilia Romagna, è seconda nella spesa sociale destinata all’area Famiglie e Minori, con i Comuni che destinano una quota pari al 46,5% del totale della spesa sociale. A fianco questo dato, l’Emilia Romagna investe solo il 19,5% della sociale sulla disabilità, un valore nettamente inferiore alla media nazionale del 25,5%, piazzandosi sestultima.
Di segno totalmente opposto l’esperienza positiva della Sardegna, regione a modello in Italia sul trattamento della disabilità: la regione è prima infatti nella spesa per l’area della disabilità con il 45,6% della quota della spesa sociale destinata a questo scopo, mentre è ultima nell’area di sostegno alle Famiglie e Minori, ma questo non vuole assolutamente dire che abbiano dei servizi inefficienti, anzi, con ogni probabilità investono meno in strutture, e ciò gli consente una più razionale ed efficiente gestione della spesa; di fatto in questa regione è diffusa l’adozione di programmi di de-istituzionalizzazione della persona.
La domanda è: il sistema cosiddetto BIBBIANOPOPOLI incide sugli investi riguardanti l’area della disabilità?
I dati che abbiamo mostrato ci dicono che nella nostra regione, dove è scoppiato il caso Bibbiano, è diffusa la cultura dell’istituzionalizzazione della persona di qualsiasi età, ad un elevata spesa di sostegno per Famiglie e Minori, corrisponde infatti una bassa spesa afferente all’area della Disabilità.
Analogamente all’Emilia Romagna abbiamo altre 4 regioni dove ad un elevato finanziamento alla categoria Famiglie e Minori, confermato dal numero di minori ospiti nei presidi residenziali e socio-sanitari consistente, la spesa per la disabilità si attesta sotto la media del 25%, sono tali: Lazio, Toscana, Puglia, Liguria.
Un caso particolare è l’Umbria che ha il più basso numero di minori in struttura, ma questo dipende essenzialmente dal ridotto numero di abitanti rispetto le altre regioni.
Abbiamo poi i casi di regioni come il Piemonte, dove la spesa per il sostegno a Famiglie e Minori è di poco inferiore alla media, ma il numero dei Minori presi in carico si attesta appena dietro l’Emilia Romagna, così come sotto la media è la spesa per la disabilità che si attesta al 24,9%.
In controtendenza, ma che conferma ad ogni modo l’esistenza di una correlazione inversamente proporzionale per i motivi che abbiamo detto, è la regione Sardegna.
Per la situazione dell’Emilia Romagna, la correlazione può essere dovuta dal fatto che nella nostra regione vige un’impostazione tutta imperniata al sostegno diretto alle strutture e dei soggetti che vi ruotano attorno, e questo si vede dai numeri del Fondo Regionale per la Non Autosufficienza eroso dal sostegno della residenzialità dell’utenza anziana.
La disabilità adulta diventa appetibile, nel momento in cui la persona perde la propria autonomia e diventa vulnerabile, ecco allora che entra nella sfera d’interesse di quegli stessi soggetti che hanno trovato terreno fertile nel predisporre l’allontanamento dei minori da nuclei famigliari in difficoltà.
Un modo di operare che è il frutto di una cultura storica che rimanda al modello sociale delle colonie marine, nate alla fine dell’ottocento come ospizi per persone affette da malattie tubercolari e sopravvissute all’epoca fascista, periodo durante il quale gli venne confermata la prevalente funzione sanitaria e terapeutica che hanno mantenuto fino all’immediato dopoguerra, come luoghi di recupero dei combattenti dal conflitto.
Che si tratti di minori che vivono situazioni di disagio, di disabilità adulte, oppure di anziani non autosufficienti, l’unico destino per queste persone è l’allontanamento dal nucleo famigliare d’origine con un biglietto di solo andata in un alloggio comunitario, necessariamente da condividere con più persone, gestito da privati e finanziato con fondi pubblici.