In questi giorni, si parla tanto dell’Ape sociale, la forma di prepensionamento (modificata con la prossima manovra di bilancio) che consentirebbe nel 2023 per alcune categorie di lavoratori di andare in pensione con 63 anni d’età e 30 anni di contributi.
Possono andare in pensione con questa opzione, gli invalidi con una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% e caregivers che si prendono cura da almeno 6 mesi una persona con disabilità del nucleo famigliare con un handicap che denota una situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 104.
Unicamente per le donne invalide (con una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%) o caregiver familiare oltre l’Ape sociale è stata riconosciuta un ulteriore forma di prepensionamento denominata l’Opzione Donna.
In questo caso è possibile andare in pensione a 60 anni, con almeno 35 anni di contributi.
Pensione anticipata ai caregivers? Solo un palliativo
Secondo le stime dell’Inps, sono oltre 600.000 le persone che ogni giorno si prendono cura di un familiare gravemente disabile.
Si può diventare caregiver in età già avanzata, ma molto spesso lo si è per quasi tutta la vita, a causa della nascita di un figlio disabile. Quant’è plausibile ipotizzare che caregivers familiari possano per 30 o 35 anni svolgere un lavoro full-time?
La verità è che la maggior parte dei caregivers rimane a casa ad accudire il familiare, e quelli che hanno la fortuna di avere un lavoro, molto spesso, devono rinunciarvi.
Molte donne non arrivano nemmeno a maturare i contributi per avere la pensione di vecchiaia per la quale occorrono 20 anni di contribuzione e 67 anni d’età.
Di conseguenza molte arriveranno a 67 anni, senza aver maturato il diritto alla pensione.
In attesa dell’entrata in vigore di una proposta di legge sui caregivers che preveda il riconoscimento di contributi figurativi, per il periodo di lavoro di assistenza e cura effettivamente svolto per un familiare gravemente disabile convivente.
Pensione anticipata ai caregivers? Solo un palliativo
Una proposta a costo zero per le casse dello stato potrebbe essere quella di trasformare l’assegno sociale in pensione contributiva per coloro che al raggiungimento dei 67 anni d’età, non hanno versato vent’anni di contribuzione in quanto impossibilitati dalla necessità di accudire un familiare con disabilità.
L’assegno sociale, che dal 1996 ha sostituito la vecchia pensione sociale, non è una pensione avente carattere contributivo, ma una prestazione di natura economica e assistenziale che viene erogata, in favore delle persone che hanno raggiunto l’età pensionabile a e vivono a basso reddito.
Come viene spiegato sul portale dell’Inps https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=50184 l’importo dell’assegno è di 460,28 euro per 13 mensilità.
Pensione anticipata ai caregivers? Solo un palliativo
La logica di una tale proposta sta nel fatto che raggiunta l’età pensionabile coloro che non hanno maturato i contributi necessari e hanno diritto al sussidio dell’assegno sociale, possano vedere trasformato tale sussidio in pensione contributiva e non debbano essere più sottoposti al controllo annuale dei redditi.
Considerato che è acclarato che la presenza di una persona con disabilità nel nucleo si traduce in una condizione di povertà, è verosimile pertanto ritenere che molti caregivers per questo, al compimento dei 67 anni d’età, facciano istanza per richiedere l’assegno sociale.
Oltre il riconoscimento de facto del lavoro di cura svolto, la trasformazione dell’assegno sociale in pensione consentirebbe di ottenere tutti quei benefici che sono esclusi ai percettori di sussidi come l’erogazione di prestiti/finanziamenti oppure come l’esportabilità all’estero della pensione.
Dando corso a questa proposta si potrebbe quantomeno risolvere la situazione di tutti quei caregivers che si ritrovano a vivere una vecchiaia in condizione di povertà, il tutto nell’attesa che il parlamento si decida ad emanare una disciplina legislativa ad hoc destinata a riconoscere e tutelare compiutamente la figura del caregiver familiare indipendentemente dalla sua condizione economica.